Divelta la sbarra nel Demanio minerario

Legambiente: no ai mezzi motorizzati in aree delicate  La sbarra sulla strada che dal cantiere di Rio Albano (Puppaio) conduce al laghetto delle Conche è stata divelta da più di un anno, lasciando libero l’accesso con mezzi motorizzati a una strada pericolosa in alcuni tratti e con fenomeni erosivi, dentro il territorio del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e nella Zona di protezione speciale Elba Orientale (ZPS-  Direttiva Ue Uccelli).  La sbarra era posta sul terreno demaniale che il Comune di Rio non ha acquisito. In passato il Parco Minerario avrebbe proposto di ripristinare la sbarra, ma sembra non sia stato dato l'assenso. Legambiente Arcipelago Toscano chiede alle istituzioni interessate – Parco Nazionale, Comune di Rio e Demanio – di intervenire per ripristinare la sbarra, impedire accessi impropri – e sempre più numerosi – con mezzi motorizzati a due e 4 ruote in aree delicate come il Calendozio, mettere in sicurezza il territorio e tutelare persone e animali.  L’are

Le osservazioni di Legambiente al Piano Strutturale di Portoferraio

 


Ancora troppo consumo di suolo. Problemi per biodiversità, acqua, energia e qualità dell’aria





Durante la fase preparatoria del nuovo Piano Strutturale del Comune di Portoferraio oggetto delle presento Osservazioni, le associazioni ambientaliste hanno avuto 2 incontri con l’Amministrazione Comunali di Portoferraio e diverse interlocuzioni con lo studio che si è occupato della stesura del Piano Strutturale. Spiace constatare che il contributo che, assieme a Italia Nostra, abbiamo fornito sia stato evidentemente considerato lettera morta dall’Amministrazione Comunale. Non vi è stato, da parte di quest’ultima, nessuna apertura per arrivare, a mezzo  di almeno un tentativo di contradditorio, a una sintesi che tenesse conto, anche in modo parzialmente soddisfacente o pure del tutto insoddisfacente ma tuttavia motivato, delle nostre proposte. Il rifiuto, a parte alcuni aspetti più che marginali, da parte dell’Amministrazione di considerare e discutere quanto proposto ha reso il processo partecipativo assolutamente sterile, né più né meno che uno stanco e inutile atto dovuto che, allo stato attuale non può dirsi compiuto. Così come purtroppo altri pPiani Strutturali dei Comuni dell’Isola d’Elba.


Si chiede pertanto di sospendere l’Iter di adozione del Piano strutturale e di riaprire un reale processo di partecipazione.


In subordine a questa prima istanza:


Il Piano Strutturale di Portoferraio pur trascurando quasi completamente il riferimento al Green Deal Europeo e agli obiettivi di sostenibilità in esso tracciati per il 2030/2040 fa, del resto obbligatoriamente, riferimento al Piano di Indirizzo Territoriale – PIT – con valenza di Piano Paesaggistico della Regione Toscana e alla necessità di rispettarlo insieme ai vincoli e alle invarianti ambientali, per poi arrivare a tutt’altre conclusioni.


CONSUMO DI SUOLO


Con amarezza va constatato che le determinazioni del PS in riferimento al PIT  sembrano assunte in evidente contraddizione con quanto prescritto dal PIT stesso prospettando un imponente nuovo incremento del consumo di suolo per complessivi 71.607 mq oltre a 35.593 mq destinati a riuso dell’esistente (ampliamenti, parcheggi ecc) per un totale di 107.200 mq. Il solo dato relativo alle nuove costruzioni priva ogni singolo abitante di Portoferraio di oltre 6 mq. di territorio e di paesaggio. Se consideriamo che la percentuale di suolo già cementificato nel Comune si avvicina al 10% (9,72), ben al di sopra della media nazionale che è del 7,13 e più che raddoppiando la media europea collocata al 4,2 pur essendo una parte considerevole del territorio comunale sottoposta a vincolo dal PNAT, risulta evidente la necessità di  ridurre drasticamente se non azzerare le previsioni di nuova edificazione.


E’ inoltre davvero difficile comprendere come si sia arrivati ad una ipotesi di crescita di abitanti pari a 440 unità nei prossimi 10, anni quando dal 2001 ad oggi (in 23 anni) l’aumento è stato di 264 unità, in gran parte, fra l’altro, costituite da residenze estive che si configurano in realtà come seconde o terze case.


Del pari è di difficile comprensione l’aumento di nuova edificazione destinato alle strutture turistiche per un totale di 13.000 mq per la ricettività, nella obsoleta concezione di un turismo concentrato esclusivamente nella stagione estiva che, ancora una volta, omette di considerare e di stimolare qualsiasi possibilità di allungamento stagionale costituita dal turismo sostenibile che permetta di sfruttare adeguatamente le già ridondanti strutture disponibili attualmente chiuse e inutilizzate per almeno sette/otto mesi/anno.


Risulta inoltre del tutto incongrua se non in aperto contrasto con le finalità del PIT la volontà di procedere alla ridefinizione dei Territori Urbanizzati destinata fatalmente ad aprire nuove possibilità di cementificazione.  Esemplare il caso delle Polarità 4 4 4 Polarità 4_Parcheggio Magazzini e Polarità 5_Nuova viabilità a collegamento del nuovo parcheggio di progetto (– Art. 10 Struttura Insediativa – Punto 13 Previsioni esterne al territorio urbanizzato).


La creazione di un nuovo, ampio e non necessario parcheggio permanente a poche decine di metri dalla linea di costa, e soprattutto della  nuova strada necessaria a collegarlo alla strada esistente Schiopparello Magazzini Bagnaia fraziona definitivamente una parte della storica azienda agricola La Chiusa. La parte frazionata, adiacente al Territorio Urbanizzato di Magazzini, si rivela in sostanza come ideale per un prossimo ampliamento dello stesso Territorio Urbanizzato  tale da permettere, in un non lontano futuro, nuova attività edificatoria in una zona individuata dallo stesso PS come “Area di connessione ecologica aree umide Schiopparello-Mola”. Da evidenziare che nella scheda relativa alla Polarità 5 (PS – pag. 135) l’area destinata al frazionamento viene fin d’ora definita con ambiguità quale “area incolta” mentre trattasi a tutti gli effetti di area agricola. Si sottolinea che il minuscolo borgo di Magazzini e la stessa Tenuta La Chiusa sono parte integrante e tuttora ben conservata del paesaggio costiero della rada di Portoferraio. Il nuovo parcheggio che, in ogni caso, sarebbe  raggiungibile dalle auto senza nuova viabilità anche percorrendo la strada che già ora attraversa Magazzini, destinato sulla carta alla fruizione di un ridotto turismo giornaliero per qualche settimana all’anno è più realisticamente finalizzato a ospitare i pullman gran turismo in visita commerciale all’azienda agricola. Diversamente non risulta comprensibile la necessità di una nuova strada che consentirà il traffico e la sosta nella sulla linea costiera di grandi mezzi di trasporto. Per concludere: la nuova viabilità prevista si delinea come altamente impattante sul paesaggio costiero, fuori scala e immotivata rispetto alla consistenza del borgo di Magazzini, priva di qualsivoglia interesse pubblico e si qualifica sostanzialmente come proattiva alle attività commerciali e edificatorie di un unico soggetto privato.


Per quanto sopra si chiede di riesaminare il PS adottato rivedendo coraggiosamente al ribasso le determinazioni relative alle Nuove Edificazioni e riducendo le dimensione della Polarità_3 e cassando definitivamente la Polarità_4 Si consiglia inoltre di adottare, dato il carattere di indirizzo del PS, un linguaggio prescrittivo che eviti, per quanto possibile, ambiguità e forzature nella corretta e efficace gestione del territorio.


BIODIVERSITA’


Al punto 4. Morfotipi ecosistemici, si legge che “4.3.4 Il Piano Strutturale recepisce e fa proprie le indicazioni per le azioni relative al morfotipo ecosistemico “Ecosistemi palustri e fluviali” ed ai relativi elementi della rete ecologica regionale (funzionali e strutturali) contenute negli abachi regionali delle Invarianti Strutturali del PIT-PPR”, e individua azioni generali da perseguire condivisibili che sono però platealmente smentite dalle previsioni urbanistiche per l’UTOE 3 Schiopparello Magazzini.


Legambiente rinnova la richiesta che l’intera fascia costiera di Portoferraio, da Punta della Rena a Magazzini e le ex saline e acquitrini e i corsi d’acqua retrostanti – che rappresentano la più grande delle ultime due zone un mide rimaste all’Isola d’Elba  – venga proposti  come area candidata ad entrare nella Zona speciale di Conservazione e Zona di protezione speciale Elba Orientale e nel Parco Nazionale Arcipelago Toscano. Dopo la mancata istituzione dell’Oasi delle Prade-Schiopparello al posto dell’ex Sito di inportanza regionale (SIR), il comune di Portoferraio ha l’obbligo di tutelare – non solo a parole –  un’area così importante ed unica, anche in ottemperanza della nuova Direttiva europea Biodiversità e per adempiere agli impegni presi dall’Italia a livello internazionale che prevedono di estendere le aree terrestri e marine protette fino al 30% del territorio e quelle particolarmente protette al 10%.


Invece, le previsioni del Piano Strutturale sembrano – al netto dalle dichiarazioni di principio – andare in tutt’altra direzione.


Si chiede quindi di definire concretamente nel Piano, UTOE per UTOE, quali debbano essere le reali iniziative di tutela e valorizzazione della biodiversità e degli habitat nel territorio comunale, indicando le aree protette e particolarmente protette delle quali si intende chiedere l’istituzione.


Acqua


Le Disposizioni generali a tutela dell’Ambiente si aprono con le misure a tutela della risorsa idrica che appaiono drammaticamente sproporzionate per difetto rispetto alle criticità delle quali la stessa risorsa soffre, dal calo strutturale delle precipitazioni atmosferiche al cuneo salino, dal prelievo privato da falda sia dichiarato che clandestino alla captazione privata e a sua volta in larga parte clandestina dell’acqua di ruscellamento. Mancano sia la volontà di procedere al censimento  e stima della portata complessiva dei pozzi privati esistenti sia al censimento delle piscine private e delle relative fonti di approvvigionamento.


Nel caso specifico anzichè dichiarare una moratoria allo realizzazione di nuove piscine in attesa di avere un quadro attendibile e reale della disponibilità della risorsa idrica si preferisce accontentarsi di generiche e sostanzialmente non applicabili misure di mitigazione quali il divieto di prelievo da acquedotto indirizzando la nuova utenza verso lo scavo di nuovi pozzi privati a supporto di fonti di approvvigionamento, che o per loro intrinseca precarietà o per complessità e costi di gestione non rispecchiano nella maggior parte dei casi la realtà fattuale, quali l’acqua di mare o il recupero e riuso delle precipitazioni.


Al punto 1.1.5 si dichiara che gli interventi urbanistici ed edilizi dovranno dimostrare di non aumentare il fabbisogno idrico attuale per non aggravare la situazione di criticità in essere fino alla entrata in funzione del dissalatore attualmente in fase di avanzata costruzione.


Secondo quanto più volte dichiarato da ASA e dalla stessa Autorità Idrica Regionale il dissalatore viene costruito non tanto per aumentare la disponibilità della risorsa idrica quanto come prima misura, peraltro insufficiente, se non accompagnata da adeguate e consistenti riduzioni del consumo attuale e/o alla fornitura d’acqua tramite bettoline nel periodo estivo, a fare fronte alla paventata emergenza idrica che dovesse verificarsi nel caso di inservibilità della condotta sottomarina attuale, peraltro già obsoleta avendo largamente oltrepassato il periodo di attività programmato al momento della messa in opera, o nel caso di carenza idrica alla fonte (ValdiCornia). Considerare dunque l’entrata in funzione del dissalatore come sufficiente per autorizzare nuovi consumi di risorsa idrica equivale a misconoscere la realtà della situazione in essere. Dati per stabili i consumi attuali e la non lontana dismissione della condotta idrica sottomarina il raggiungimento dell’equilibrio fra consumi e disponibilità della risorsa idrica reale, potrà essere conseguito solo successivamente alla costruzione di varie misure infrastrutturali in mancanza delle quali la portata del dissalatore in costruzione andrebbe perlomeno raddoppiata.


Alla luce di quanto sopra il dichiarato al punto 1.1.5 appare il classico pannicello caldo applicato in una situazione di pesante emergenza idrica che rischia di diventare drammatica per il comparto turistico-ricettivo in caso di collasso (probabile in tempi brevi) della condotta sottomarina. Si chiede pertanto una moratoria che impedisca almeno la realizzazione di nuove piscine di durata tale da permettere il censimento delle esistenti e la loro cubatura complessiva, il censimento dei pozzi privati dichiarati e la stima dei pozzi abusivi che producano una stima attendibile degli emungimenti complessivi.


Energia


Se consideriamo che il Piano Strutturale viene adottato a fine 2023 con una prospettiva temporale di 15 anni e il successivo PO vedrà la luce probabilmente nel 2024 appare come afasico il timido accenno fatto al punto 4.10 alle scadenze comunitarie del 2020, 2030, 2050.


La necessità, l’urgenza e l’opportunità, sia per il comparto sociale e ambientale che per quello turistico, di agire per la neutralità carbonica nel Comune di Portoferraio e nell’intera Elba richiede una determinazione e una scansione dei passi necessari a raggiungere gli obiettivi che, purtroppo, non trovano spazio nel capitolo dedicato.


Il punto 4 del Titolo V – Disposizioni Generali di Tutela dell’Ambiente appare come un elenco di buone intenzioni forse credibili se espresse alla fine del secolo scorso ma sicuramente superate e di maniera ai giorni nostri, nel mentre l’emergenza climatica minaccia le nostre coste, il nostro territorio in tutte le sue articolazioni, il nostro modello di vita. Si chiede che il PS prescriva esplicitamente per il Comune di Portoferraio gli obiettivi dellìEuropean Green Deal per gli anni 2030, 2040, 2050 e delinei in modo inequivoco le azioni e gli interventi da attuare al fine di raggiungerli, anche attraverso la realizzazione di Comunità energetiche rinnovabili.


Si fa inoltre presente che il 12 marzo scorso il Parlamento europeo ha adottato in via definitiva la nuova direttiva Epbd – cosiddetta “Case verdi” – per ridurre il consumo energetico e le emissioni di gas serra nel settore edilizio. Lo scopo della  revisione ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore edilizio entro il 2030 e pervenire alla neutralità climatica entro il 2050. Tra gli obiettivi figurano anche la ristrutturazione di un maggior numero di edifici con le prestazioni peggiori e una migliore diffusione delle informazioni sul rendimento energetico. Secondo la nuova normativa, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030. Inoltre, i nuovi edifici occupati o di proprietà delle autorità pubbliche dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Gli Stati membri potranno tenere conto, nel calcolare le emissioni, del potenziale impatto sul riscaldamento globale del corso del ciclo di vita di un edificio, inclusi la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione utilizzati per realizzarlo. Per gli edifici residenziali, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. Inoltre, gli Stati membri dovranno inoltre ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica. Se tecnicamente ed economicamente fattibile, i Paesi membri dovranno garantire l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni, e in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030. Gli Stati membri dovranno inoltre spiegare come intendono predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento eliminando, gradualmente, i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento entro il 2040. A partire dal 2025, sarà vietata la concessione di sovvenzioni alle caldaie autonome a combustibili fossili: saranno ancora possibili incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore. Oltre alla riduzione delle emissioni, la direttiva introduce misure innovative per rafforzare il ruolo delle comunità energetiche, dare priorità ai finanziamenti per le famiglie vulnerabili e istituire sportelli unici per un accesso più semplice alle informazioni e ai modelli cooperativi.


Si invita l’Amministrazione Comunale ad adeguare le previsioni del Piano Strutturale a queste direttive europee.


Aria


Al punto 5.3 il PS definisce i livelli di qualità dell’aria nella norma dimenticando le annose proteste degli abitanti della zona portuale e di vari tratti costieri della rada di Portoferraio per il palese, non rilevato vista l’assenza di monitoraggio continuo, inquinamento causato dal traffico di traghetti inquinanti, obsoleti e fatiscenti. Il taglio sonnolento/burocratico che sottende un generoso laissez faire sviluppista nella visione cementizio edificatoria dell’intero PS, si manifesta anche in questo caso. Il proposito di non disturbare gli armatori in casa propria fa il paio, in altra parte del PS, con l’inaspettata intromissione nella gestione del territorio del Comune di Campo nell’Elba stante il goffo auspicio di un prossimo sviluppo (con il conseguente aumento dell’impermeabilizzazione del suolo e dell’inquinamento acustico e da emissioni) del locale Aeroporto in una zona classificata a elevato rischio idrogeologico e densamente popolata, con buona pace dei Campesi che vi abitano intorno.


Si chiede che il PS prescriva il monitoraggio della qualità dell’aria su tutta l’area costiera della rada di Portoferraio e l’eliminazione di qualsiasi improprio riferimento all’Aeroporto di Campo nell’Elba.


 


Si chiede pertanto la modifica del Piano Strutturale adottato secondo le presenti osservazioni.


Legambiente Arcipelago Toscano

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